Santuario del Carmine

Oggi  Santuario della Madonna dell’Udienza, riportata allo stato attuale da una serie di interventi, fu fatta costruire nel 1530 dal Marchese della Sambuca, Don Salvatore Bardi Mastrantonio, e dedicata a S. Antonio Abate. Opportunamente ampliata intorno al 1615, la Chiesa venne dedicata alla Madonna Annunziata, successivamente nel 1633 venne modificata: furono costruite le due navate laterali minori restando come navata centrale il corpo primitivo della chiesa. All’inizio del 1900 iniziarono i lavori che dovevano portare la chiesa allo stato attuale nel 1928, anno in cui fu completato anche il frontespizio, opera monumentale dell’artigianato locale sotto la guida di scalpellini e scultori palermitani.
Nel 1981 il pittore Tommaso Montana e il giovane Enzo Maniscalco restaurarono l’abside del Santuario con molta abilità e senso artistico non comune. Nell’interno si possono ammirare: la statua marmorea della Madonna dell’Udienza attribuita ad Antonello Gagini (1478-1536); la statua marmorea di Sant’Anna con la Madonna fanciulla di scuola gaginiana; un Crocefisso ligneo, proveniente dall’ex Convento di Santa Maria di Gesù (Sec. XVII); un fercolo ligneo, opera monumentale e artistica che riproduce un trono regale culminante in una corona sorretta da colonnine scanalate sormontate da capitelli: doratura di fine fattura classica.

Il fercolo serve per portare in processione, sulle spalle di cento uomini detti «i nudi » , la statua della Madonna dell’Udienza, Patrona e Protettrice di Sambuca, la terza domenica di maggio. Nel 1982 il percolo fu restaurato da Tommaso Montana e Enzo Maniscalco. In questa chiesa vi sono anche dei monumenti funebri eretti in onore di uomini illustri e di patrizi sambucesi. Tra essi, quello della famiglia dei Navarro, opera del Gallori, degli Oddo e dei Planeta.

Il Convento dei Carmelitani formò un impianto unitario con la chiesa. Costruito su un poggio di pietra tufacea, visibile dalla Via S. Croce (lato est), il Convento comprendeva i corpi bassi che si aprivano nella. Via Pietro Caruso, un ammezzato, un primo e un secondo piano del Convento: quest’ultimo corrispondeva al primo piano di Via Pietro Caruso.
I primi frati che abitarono il Convento furono i frati di S. Elia, che abitarono in locali adiacenti alla Chiesa di Santa Lucia, abbandonato perché angusto e fatiscente. Gli ultimi frati lasciarono il Convento nel 1866. Parte del Convento oggi è di proprietà del Comune. Degno di nota è il chiostro che racchiude, attraverso arcate che poggiano su colonne tufacee monolitiche, l’area del giardinetto su cui si affacciavano le celle dei frati.


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